Una giovane donna ha cercato nei suoi rapporti sentimentali soprattutto “attenzione”. Ne è consapevole, lo dice serenamente ai suoi partners. Ottiene attenzione anche per come si veste, cura anche il suo aspetto nei minimi particolari per ottenere lo stesso risultato, è sicuramente seducente. Quando ha percepito di averne poca ha instaurato relazioni anche multiple, per colmare un vuoto che nella sua attualizzazione è incolmabile. A volte ne ha avuta anche troppa. Un uomo con cui ha avuto una storia si è rivelato uno stalker, per fortuna non ci sono state conseguenze fisiche, e la persona in oggetto è stata denunciata e condannata. La maggior parte delle sue azioni hanno un carattere decisamente autodistruttivo, ma questo non certo per mancanza di qualità personali. Distruggersi genera comunque ulteriore “attenzione”: qualcuno di desiderato alla fine accorre in soccorso, più la situazione è grave e più l’asticella viene pericolosamente alzata. Un giorno forse si supererà questo limite, fino alle estreme conseguenze. Ma anche una fine tragica e prematura servirebbe per assurdo ad ottenere proprio la massima attenzione, magari anche a posteriori, generando senso di colpa in chi non ha saputo fare abbastanza. Abbandonare tutto questo o anche solo metterlo in discussione è terribilmente angosciante per lei: meglio alla fine una sofferenza certa che un benessere tutto sommato incerto.
Storie come questa sono incredibilmente comuni. Rappresentano varie declinazioni dell’arte di non amarsi. Dare un simile potere a qualcuno, ricercando la sua di attenzione, significa inevitabilmente negarla a se stessa con implacabile determinazione.
Tutti vogliamo essere amati ed amare. Anche chi lo nega o dichiara di rinunciarci. Apprendiamo come farlo nella nostra storia personale. Nessuna delle strade che percorriamo è per sua natura sbagliata. Diventa un disagio quando restiamo prigionieri di qualcosa che è stata magari una necessità da piccoli ed una strada obbligata in quella circostanza. Poi la rendiamo eterna, facendo divenire il passato il presente ed il presente il futuro. Vivendo nella convinzione che non ce ne siano altre.
Un bambino ha inevitabilmente l’attenzione all’esterno. Guarda gli altri, analizza gli altri, ha la necessità di intuire a volte cose straordinarie di ciò che lo circonda, una capacità che spesso è necessario ricordare da grandi. Sa che dagli altri dipende la sua sopravvivenza. Non può trovarsi un lavoro e andare a vivere da solo. Gli esseri umani, tra i mammiferi, sono quelli che hanno bisogno dei genitori più a lungo. Diventare adulto significa iniziare a mettere l’attenzione su se stessi. Sulle proprie emozioni, sulle proprie risorse, su quello che si vuole e si sa fare. Stiamo parlando di quello che si definisce “credere in se stessi” o altre espressioni simili. Maturare un proprio senso della vita, dei valori personali, dei desideri che divengono obiettivi. E magari lasciare una traccia di tutto questo, trasmettendolo a chi verrà dopo.
Questo passaggio può dare l’impressione di una perdita, ed è vero. Ma crea ovviamente un enorme guadagno in termini affettivi ed evolutivi.
E soprattutto rende possibile il passaggio successivo: diventare genitori e non interrompere il ciclo della vita. Qualcuno noterà che non sempre questo passaggio è avvenuto quando si generano dei figli: purtroppo è vero, molti genitori di fatto sono rimasti bambini, con le conseguenze che questo comporta.
Tutti noi, senza andare in speculazioni filosofiche, abbiamo una nostra energia, chiamiamola semplicemente energia vitale. Come usarla sta a noi, alla nostra responsabilità. Se la usiamo verso l’esterno, dobbiamo accettare che ne resterà poca per noi stessi. Se cerchiamo negli altri l’attenzione e quindi la conferma che esistiamo, si dovrà accettare che rinunciamo a farlo da noi. Lo sguardo che va all’esterno non vedrà cosa succede all’interno.
Nulla di tutto questo è intrinsecamente sbagliato. Nemmeno se porta a fatti drammatici. Si tratta di scelte, a volte comprensibilmente difficili. Comprensibili anche se ingiustificabili. Imparare ad amare davvero tutto ciò che siamo insegna ad usare la stessa amorevolezza anche verso chi fa scelte diverse. Si tratta di un atteggiamento verso se stessi che alla fine diventa atteggiamento verso gli altri. Con la possibilità però di instaurare relazioni di diversa qualità, e, soprattutto la scoperta di una diversa intimità.